Ceto cronaca

STORIE VERE DI BALENE

Diversi cetacei sono finiti sui giornali con le loro particolarissime vicende. Quasi sempre, purtroppo, sono animali in difficoltà e spesso non sappiamo come aiutarli. Ad alcuni di loro, che ho avuto il privilegio di “seguire” giorno per giorno, mi sono particolarmente affezionata. Ho voluto dipingerli per raccontare la loro storia.

Siram-Freddy il capodoglio con segni di collisione soprattutto davanti alla pinna dorsale. Tempera su carta

SIRAM-FREDDY fu avvistato per la prima volta nel 2009 nel mar Ligure; era un capodoglio come molti altri che frequentano la zona del Santuario Pelagos. Ma già l’anno dopo si capì che era uno degli individui “fedeli” alla zona, che avrebbe frequentato regolarmente fino ai giorni nostri, spesso assieme a due suoi amici (o forse parenti): Harald e Bric. Ma al secondo avvistamento qualcosa era cambiato: il cetaceo aveva una profonda ferita sul dorso e sul fianco:  quasi sicuramente era stato vittima di una collisione con un’imbarcazione. Siram-Freddy è stato ancora fortunato – si fa per dire – perché molti grandi cetacei sono vittime delle navi superveloci che ogni estate percorrono il Mediterraneo.


Codamozza, la balenottera con la coda amputata, Tempera su cartone telato.

CODAMOZZA: un nome che si sarebbe rivelato un triste presagio. Quando la vidi per la prima volta mi venne di chiamarla così: a questa balenottera mancava buona parte del lobo sinistro della coda. Era il 2004 e questo individuo, già noto dal 1996, era diverso da tutti gli altri: prima di immergersi sollevava la coda, cosa che generalmente le balenottere non fanno. Codamozza mi era sembrata “zoppicante” perché scendeva un po’ storta. L’avremmo rivista varie volte, sia noi sia altri colleghi del mar Ligure. Era diventata un po’ la mascotte del Santuario, simbolo della volontà di sopravvivere dei grandi cetacei, nonostante le avversità causate dagli umani. Molte delle mie presentazioni finivano con una slide della coda tagliata di Codamozza che si ergeva fiera sopra il mare nonostante tutto…

Nel giugno del 2020 ci segnalarono che in Grecia era stata avvistata una balenottera che era invece completamente senza coda, e nuotava con un moncherino. Guardammo attentamente le foto: era Codamozza, che aveva evidentemente subito un secondo incidente. Era successo davanti Cap Ferrat, nel settembre del 2019, come si potrà poi ricostruire. Pesantemente handicappata e con ogni probabilità incapace di nutrirsi, aveva nuotato dalla Francia alla Siria. Sempre più emaciata, continuerà la sua migrazione, passando dalla Calabria, dallo stretto di Messina e poi su fino al Santuario. Verrà avvistata per l’ultima volta quella stessa estate nella baia di Tolone.


Propeller, la balenottera comune con vistosi segni di un’elica. Tempera su tela, sfondo in elettronico

PROPELLER: anche a lei ho avuto il privilegio di dare il nome – che parla da solo. La profonda cicatrice davanti alla pinna dorsale non lascia dubbi sull’origine: una grossa elica di una barca. I colleghi di Tethys la incontrarono per la prima volta nel 2009. Poi non fu più vista, facendo temere il peggio. Ma nove anni più tardi, nel 2018, a sorpresa, ricomparve in mar Ligure, prima nella zona solita delle balenottere, al largo, tra l’Italia e la Corsica; poi, in ottobre in un’area molto più inconsueta per la sua specie, davanti al faro di Portofino. Nonostante le profonde cicatrici, è sopravvissuta ed è in buone condizioni. Purtroppo per ogni “Propeller” che si salva, molte altre sono morte senza che nessuno potesse testimoniarlo.


L’orca Zena, che assieme alla sua famiglia si è “persa” nel Mediterraneo. Tempera su tela, sfondo in elettronico.

ZENA è un’orca proveniente dalla Groenlandia: quello che capitò a lei e alla sua famiglia è un mistero tutt’ora inspiegato. Assieme al suo cucciolo e ad altre due femmine e un maschio, forse sorelle e fratello, forse un figlio o una figlia adulti, entrò nel Mediterraneo nel dicembre del 2019. Le orche non sono abituali nei nostri mari, solo alcune sconfinano periodicamente dallo stretto di Gibilterra, ma si tratta di una popolazione dell’Atlantico con cui Zena e gli altri nulla avevano a che fare. Ma soprattutto era strano il posto in cui il gruppo, dopo aver costeggiato la Spagna e poi puntato a nord, decise di fermarsi: di fronte a Genova Voltri, nel trafficato porto commerciale di Prà. Qualcosa non andava, e dopo pochi giorni fu chiaro: il piccolo galleggiava morto in superficie.

Zena non riusciva a darsi pace e per giorni lo spinse tenendolo in superficie con il rostro, come per farlo respirare, un comportamento tipico dei delfini quando c’è un compagno in difficoltà. Solo dopo molti giorni le orche, rimaste in 4, cominciarono a spostarsi verso sud, lungo le coste della Liguria. Apparivano sempre più magre; per qualche motivo inspiegabile degli animali notoriamente molto adattabili e ingegnosi quando si tratta di procurarsi il cibo, non mangiavano.  All’altezza dello stretto di Messina furono riavvistate. Erano rimaste in tre. Nel febbraio del 2020 un’orca femmina si spiaggiò in Libano: quasi sicuramente era una di loro. Non molto dopo, il maschio, dimagrito, fu avvistato nelle acque libanesi. Era rimasto solo. Di lui non si seppe più nulla.


Wally, la balena grigia che “sbagliò” oceano. Tempera su legno gessato.

WALLY era stato avvistato nell’aprile 2021 nel golfo di Napoli, e la notizia aveva subito fatto il giro dei media. Si tratta infatti di una specie che oggi vive solo nel Pacifico. Questa giovane balena aveva, letteralmente, sbagliato oceano.

Ecco come, sulla base delle conoscenze di cui disponiamo, immaginiamo la sua storia. Con ogni probabilità Wally è nato nelle lagune della Bassa California in Messico, nell’inverno del 2019- 20. In primavera segue la mamma nella sua prima lunga migrazione verso nord, fino a giungere nelle acque dell’Alaska dove le balene grigie fanno provvista di cibo. A quel punto deve essere successo qualcosa. Wally perde il contatto con le altre; forse spinto dalla curiosità, intraprende una strada nuova, e con lo scioglimento dei ghiacci un varco inaspettato la conduce in Atlantico. Non un posto ostile, di per sé, perché se oggi le balene grigie non ci vivono più è solo perché furono sterminate secoli fa dalla caccia. Ma la giovane balena fa un secondo errore: si infila, attraverso lo stretto di Gibilterra, in un piccolo mare chiuso, il Mediterraneo.

Le balene grigie (con una sola eccezione nel 2010) non si erano più viste nei nostri mari dai tempi dei Romani. Wally è molto magro; i ricercatori fanno rete per seguirlo giorno per giorno attraverso le segnalazioni dei colleghi e dei social. Ogni sera si scambiano le foto dell’ultimo avvistamento sperando ardentemente che quel suo vagare così vicino a costa gli consenta di mangiare sul fondale. Qualcuno crede di aver visto una scia di fango, qualcuno vede come buon auspicio che si fermi agli estuari dei fiumi – è così che in certe zone mangia questa specie. Wally invece, sempre più emaciato, percorrerà tutta l’Italia e non solo: Lazio, Toscana, Liguria, Costa Azzurra, Spagna. Verrà visto per l’ultima volta in maggio nelle acque di Minorca.